Oggi comunemente si definisce intolleranza alimentare la tendenza di un cibo a sviluppare delle reazioni anomale ed eccessive, producendo una serie di sintomi di disagio come gonfiore, pesantezza o difficoltà digestive.
Questa definizione è però impropria e diventa perciò fondamentale fare chiarezza e inquadrare queste reazioni nell’ambito complessivo delle reazioni avverse al cibo che seguono l’ingestione di un alimento normalmente innocuo.
La classificazione riportata, adottata dalla Accademia Europea di Allergologia e Immunologia Clinica, introduce l’importante distinzione tra reazioni avverse al cibo non tossiche, che dipendono dalla suscettibilità individuale, e le reazioni tossiche, dipendenti dalla dose e non da una particolare suscettibilità individuale.
Quando è coinvolto il sistema immunitario in una reazione avversa al cibo non tossica e non IgE-mediata si può essere in presenza di una REAZIONE IMMUNOMEDIATA CON COINVOLGIMENTO DI IgG SPECIFICHE ALLERGOLOGICHE (con conseguente formazione di immunocomplessi): per abitudine esse vengono definite “intolleranze alimentari”, anche se il termine è inesatto.
Le intolleranze vere e proprie, infatti, non sono dovute ad una risposta del sistema immunitario: come indicato nella classificazione delle Reazioni Avverse al Cibo riportata, esse si suddividono in intolleranze da difetti enzimatici, da sostanze farmacologicamente attive e da meccanismi sconosciuti come le intolleranze da additivi.
Presso il laboratorio Liotti è disponibile il più evoluto test per la determinazione delle intolleranze alimentari attualmente in commercio.
Un test innovativo in grado di determinare il livello di intolleranza alimentare verso 123 alimenti, in cui gli antigeni sono adesi su un microarray elaborato digitalmente.
Un team di esperti Nutrizionisti sono poi a disposizione per eseguire consulenze gratuite sul test eseguito.
Il punto focale dell’insorgenza di reazioni avverse IgG-mediate va ricercato a livello dell’apparato digerente. Oltre alla basilare funzione digestiva, infatti, questo apparato rappresenta una porta d’ingresso per una vasta gamma di antigeni estranei contenuti nel cibo, svolgendo perciò una fondamentale funzione di barriera.
Il sistema immunitario da una parte deve impedire una risposta forte contro le macromolecole alimentari, e dall’altra deve riconoscere ed eliminare i patogeni in grado di entrare attraverso l’intestino. L’equilibrio di tutti i fattori (fisici, chimici ed immunologici) che entrano in gioco in questo effetto barriera è di vitale importanza: in determinate condizioni, tuttavia, può venire meno e gli antigeni alimentari, normalmente percepiti come innocui dall’organismo, permeano fino ai capillari dei villi intestinali e, una volta in circolo, attivano una risposta infiammatoria, sia locale che generalizzata. L’accumulo progressivo di immunoglobuline di classe G, specifiche verso un determinato alimento, porta gradualmente allo sviluppo della sintomatologia che può coinvolgere la quasi totalità degli apparati dell’organismo. Si può immaginare la fase di accumulo come una fase di latenza in cui le immunoglobuline G innescano uno stato infiammatorio che può raggiungere e colpire anche i bersagli meno
facilmente riconducibili a problematiche alimentari. In tali condizioni i sistemi immunitario e di disintossicazione utilizzano le proprie energie per far fronte ad una sollecitazione costante. Ciò determina un indebolimento dell’organismo e frequentemente si possono verificare condizioni di infezioni recidive e ricorrenti.
L’alimentazione e lo stile di vita sembrano essere fattori determinanti nell’insorgenza di tali patologie. La presenza sistematica di alcune sostanze nell’alimentazione quotidiana, quali ad esempio il latte, costantemente presente nei cibi industriali, accanto ad una mancata rotazione alimentare legata al ripetuto consumo di cibi anche fuori stagione, può determinare uno stato irritativo costante sul sistema immunitario, che faciliterebbe la reattività e l’alterarsi dei meccanismi di regolazione dell’organismo. Un alimento consumato ripetutamente può risultare avverso in seguito ad un periodo di stress o ad una malattia, fattori che modificano l’equilibrio intestinale, alterando l’assorbimento dei cibi e stimolando l’intervento del sistema immunitario.
Le reazioni avverse IgG-mediate possono dunque divenire il sintomo di una risposta dell’organismo a cibi insospettabili, che rappresentano perciò uno stimolo tossico. In letteratura sono annoverati elenchi di alimenti maggiormente incriminati per la loro frequenza nell’indurrereazioni avverse.
Occorre tuttavia considerare due aspetti fondamentali:
Se ne deduce che diviene una regola fondamentale imparare a conoscere cosa si mangia, ponendo attenzione alla composizione ed alle informazioni poste in etichetta.
Sono numerose le patologie, quasi tutte caratterizzate da uno stato infiammatorio persistente, per le quali si può ipotizzare il coinvolgimento di fenomeni di reazione avversa agli alimenti IgG-mediata:
Non sempre risulta immediato ricondurre una tale varietà di sintomi ad una problematica di tipo alimentare. Le reazioni avverse IgG-mediate hanno un’evoluzione lenta e progressiva, manifestandosi gradualmente.
Il test per la conferma della reazione in atto rientra in un percorso che necessita una valutazione complessiva del quadro clinico del paziente: questo implica necessariamente l’affiancamento di uno specialista per la valutazione e la gestione dei sintomi.
NO: RISCONTRARE UNA REAZIONE AVVERSA IgG-MEDIATA VERSO UN ALIMENTO NON SIGNIFICA ESSERNE ALLERGICI.
Risulta fondamentale sottolineare la differenza fra reazione allergica “classica”, ossia IgE-mediata, e reazione avversa agli alimenti IgG-mediata: si tratta di due fenomeni differenti che, pur essendo espressione della reattività immunitaria dello stesso sistema immunitario, chiamano in causa meccanismi ben distinti.
MENTRE LE REAZIONI ALLERGICHE IgE-MEDIATE SONO CARATTERIZZATE DA UN AUMENTO DI IMMUNOGLOBULINE DI CLASSE E (IgE) NEL SIERO DEL PAZIENTE, LE REAZIONI AVVERSE VALUTATE NEL TEST SONO DIPENDENTI DALLA CLASSE ANTICORPALE DELLE IMMUNOGLOBULINE G.
Mentre la sintomatologia delle allergie è immediatamente percepibile, con un chiaro rapporto di causa ed effetto, le reazioni avverse sono il frutto di un ridotto ma ripetuto stimolo immunologico che rende difficoltoso il riconoscimento della sostanza che scatena la reazione. Tale reazione può infatti insorgere anche dopo giorni dall’introduzione dell’alimento, con un meccanismo molto simile a quello di un avvelenamento progressivo, nel quale solo il ripetersi dello stimolo consente di superare il livello di soglia e lo scatenarsi della sintomatologia.
Nel caso in cui il paziente abbia un’allergia certificata o presunta a uno specifico alimento e, di conseguenza, quell’alimento sia stato eliminato dalla dieta, il titolo anticorpale (sia per le IgE che per le IgG) sarà ridotto al momento dell’analisi, in quanto è stato sospeso lo stimolo immunogenico.
NO: RISCONTRARE UNA REAZIONE AVVERSA IgG-MEDIATA AL GRANO O AI CEREALI CONTENENTI GLUTINE NON SIGNIFICA ESSERE CELIACI.
I soggetti celiaci sviluppano una reattività nei confronti del glutine, una frazione proteica alcol-solubile di alcuni cereali, quali frumento, orzo e segale. Nei cereali, oltre al glutine, sono presenti numerosi componenti proteici che potenzialmente presentano un’azione antigenica (cioè sono in grado di stimolare la risposta del sistema immunitario). Gli estratti alimentari impiegati per testare la reattività all’alimento comprendono tutte queste componenti proteiche: tale reattività, dunque, può essere determinata da una proteina diversa dal glutine.
La celiachia è una patologia cronica sistemica immunomediata che coinvolge, in individui geneticamente predisposti, meccanismi eziopatogenetici diversi da quelli alla base delle reazioni avverse IgG-mediate, caratterizzata da livelli variabili di enteropatia (cioè di danno istologico della mucosa intestinale), dalla presenza nel siero, a dieta libera, di anticorpi specifici (gli autoanticorpi anti-transglutaminasi tissutale, gli anticorpi anti-endomisio e quelli anti-gliadina deamidata) e da una combinazione variabile di sintomi intestinali ed extra-intestinali.
L’apparato gastroenterico è sempre interessato dall’evento infiammatorio, in particolare a livello duodeno-digiunale dove, a seguito dell’ingestione del glutine, si attiva una risposta immunomediata da linfociti T che porta da un lato alla produzione degli anticorpi specifici e dall’altro lato ad un danno della mucosa con atrofia dei villi. La diagnosi di celiachia necessita di analisi specifiche e mirate.
NO: RISCONTRARE UNA REAZIONE AVVERSA IgG-MEDIATA AL LATTE O AI SUOI DERIVATI NON SIGNIFICA ESSERE INTOLLERANTI AL LATTOSIO.
L’intolleranza al lattosio si verifica in caso di deficienza parziale o totale della lattasi, un enzima deputato a scindere il lattosio, il principale zucchero del latte. In condizioni normali il lattosio viene scisso nei suoi due zuccheri semplici. Se il lattosio non viene digerito rimane nel lume intestinale, dove, fermentando, richiama acqua e determina la produzione di gas ed acidi grassi a catena corta, con tutte le dolorose conseguenze del caso.
L’esito positivo al latte o ai suoi derivati, invece, implica una risposta immunitaria legata all’azione immunogenica della componente proteica del latte. I sintomi possono essere variabili e legati alla circolazione degli immuno complessi antigene-anticorpo. La diagnosi di intolleranza al lattosio necessita di analisi specifiche e mirate.